Omelia della Domenica delle Palme dell’Arciprete don Biagio Biancheri

Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo (26,14- 27,66)

Celebrazione Eucaristica in diretta streaming dalla Chiesa Madre di San Cataldo (CL).

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo ascoltato il racconto della passione di Gesù secondo l’evangelista Matteo. Nella prima parte di questo dramma della passione, Gesù rivolge diverse volte la parola, ai discepoli, a coloro che vengono ad arrestarlo nell’Orto degli Ulivi e a quelli che pretendono di giudicarlo. Mentre nella seconda parte del racconto della passione, Gesù tace.

L’evangelista Matteo registra solo una ultima parola, Gesù apre la bocca per lanciare un forte grido e poi spirare, cioè apre la bocca per consegnare lo Spirito a Dio Padre nell’atto di morire. Gli altri evangelisti riportano altre parole di Gesù, le cosiddette sette parole. L’ultima parola di Gesù è una parola tremenda sulla croce che rivolge sempre a Dio suo Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Salmo 22 (21). E’ un interrogativo forte, è un grido che continua lungo i secoli nel cuore di tanti uomini che pur vivendo un rapporto di amicizia con Dio si sentono schiacciati dal peso della vita, dalle difficoltà e consegnati alla morte. Per questo anche noi come Gesù tante volte ci siamo ritrovati a gridare “perché mi hai abbandonato?”. Questo grido umano detto da Gesù porta a compimento la sua missione fino alla morte infamante della croce. Sembra non esserci risposta nel Vangelo a questa domanda di Gesù e tante volte neppure nella nostra vita. In realtà quando Gesù grida “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?” (Cf. Salmo 22 (21) sta pregando, perché questo grido è il primo versetto del Salmo 22 dell’Antico Testamento che oggi abbiamo pregato nel Salmo responsoriale. Anche gli ebrei pregavano come Gesù sulla croce, ma il peso della morte che ormai sta sopraggiungendo gli toglie il respiro e fa si che Gesù riesce solo a dire ad alta voce l’inizio di questa preghiera e nel suo cuore continua e conclude dicendo “Vieni presto in mio aiuto” (Salmo 37,23). La speranza fiorisce nel cuore di colui che prega questo Salmo: “Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe”. (Sal 22 (21), 23). È un Salmo che finisce in un atto di fiducia e di confidenza in Dio; è una preghiera di speranza. Anche noi dobbiamo continuare questa preghiera nella vita di ogni giorno, quando siamo nella prova, come in questo tempo di pandemia e quando siamo ormai al limite della nostra esistenza, quasi tra le braccia della morte. Dobbiamo pregarla anche e soprattutto in questa settimana santa di passione per giungere alla Pasqua e arrivare a dire: “Signore vieni presto in nostro aiuto” (cf. Salmo 37,23). Non è una bestemmia quella di Gesù, non deve essere neppure una bestemmia sulle nostre labbra questo interrogativo “perché ci hai abbandonato?” ma si deve tradurre nella lode al Signore.

Continuiamo l’Eucaristia e la celebrazione del mistero della passione di Gesù, facendogli compagnia come dice l’inizio del Vangelo di oggi. Gesù chiamò i suoi discepoli perché gli tenessero compagnia nell’agonia dell’orto. Chiediamo al Signore la grazia di essere insieme con Lui nella sua passione, come Lui ha attraversato la passione per stare insieme a noi, per non lasciarci soli.

Quando Dio “abbandona” Gesù sulla croce è perché lo manda fino a noi, è perché non vuole abbandonarci, e l’unico modo per non abbandonarci è inviare il suo Figlio nelle stesse tenebre che noi attraversiamo, contro la stessa morte che noi affrontiamo. In verità una risposta c’è a questo interrogativo: Dio non abbandona il Figlio suo sulla croce; come i pittori del medioevo raffigurano la Trinità, il Padre sta sempre a sostenere la croce del Figlio. È alle sue spalle, non può essere visto, ma è presente, così sia pure per la nostra vita.