Omelia di Mons. Pacelli, 8 dicembre 2019, affiliazione della Chiesa Madre all’Arcibasilica Lateranense

Un saluto cordiale all’intera comunità della Chiesa Madre di San Cataldo (CL), all’Arciprete di San Cataldo, il carissimo don Biagio, alle autorità Civili e Militari, a tutti e a ognuno. Sono felice di essere tra voi, mandato dal Capitolo dell’Arcibasilica papale del Ss. Salvatore e dei Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista in Laterano, Cattedrale di Roma, madre e capo di tutte le chiese della città e del mondo, a cui questa vostra Chiesa Madre è da affiliata, con vincolo particolare. Vi porto il saluto del Cardinale Angelo De Donatis, Vicario Generale di Papa Francesco per la Diocesi di Roma e Arciprete dell’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano, del suo vicario, S.E. Mons. Luca Brandolini e dell’intero Capitolo, cioè del clero lateranense.

L’origine della Basilica risale a Costantino, che la volle offrire alla Chiesa di Roma. Nell’area dove si trovavano le caserme della guardia imperiale, fu costruita la grande Basilica che venne consacrata nel 318 o nel 324 da Papa Silvestro I. Il calendario fissa la sua Dedicazione il 9 novembre. La Basilica paleocristiana conteneva 5500 persone, per radunare tutta la comunità cristiana. Era splendida di mosaici con al centro l’icona del Salvatore; una piccola pallida immagine del Paradiso. Come lassù, anche nelle nostre chiese, la comunità dei figli di Dio, si riunisce intorno all’Agnello per celebrare e lodare il Padre: qui nella speranza, lassù nella gioia piena. Nell’abside della Basilica del Laterano c’è la croce gemmata da cui scaturisce l’acqua viva che è Cristo, un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio. I credenti che abitano in questa città, sono come l’acqua che scaturisce dalla Croce, portando una parola di vita e di speranza, capace di fecondare i deserti dei cuori.

Il Papa San Giovanni XXIII definiva la parrocchia la fontana del villaggio. Così dovrebbe essere per tutte le nostre chiese. La Chiesa Madre di San Cataldo da oggi è affiliata, con vincolo strettissimo, a San Giovanni in Laterano: un legame spirituale bellissimo. Roma è stata sempre legatissima alla Sicilia, perché questa vostra bella terra ha fornito in tempi difficili, di carestie o durante le invasioni barbariche, grano ed ogni genere di cibo alla città per l’appello dei suoi vescovi. San Gregorio Magno chiama il Laterano “Basilica Aurea”. A San Giovanni, con l’antichissimo Battistero, è custodita la Cattedra del Vescovo di Roma, da dove presiede nella carità l’unità, annuncia e testimonia la fede in Gesù Risorto. Il Papa ha risieduto al Laterano fino al 1400, assieme alla Curia, alla Schola Canthorum, all’Archivio e a tante opere di assistenza.

Vi faccio una confidenza: ho la fortuna di abitare a pochi passi dalla Basilica, quando vi entro bacio la Cattedra e recito il Credo, perché dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa. Gesù nell’apostolo Pietro vede la pietra scelta, e quando lo interroga sull’amore, gli affida le sue pecore. Dice Sant’Agostino: gli affida noi quando ci affidava a Pietro; affidava la Chiesa, le sue membra. Oggi preghiamo così: “Signore, raccomanda la tua Chiesa alla tua Chiesa, e la tua Chiesa si raccomandi a Te”.

È significativo che per tutto il 2019 abbiate ricordato il 280° anniversario della Dedicazione della Chiesa Madre. Questo luogo non è una semplice casa; è la casa di Dio in mezzo alle case degli uomini. È il cielo sulla terra, perché contiene il Signore. Un antico inno d’oriente canta: “Se tu vuoi possedere Dio Lui ti sfugge, ma se lo vuoi cercare con il cuore è accanto a te. Se credi in Lui, è in questo luogo“. Dove è preparato l’altare, troviamo la mensa che ci nutre con il pane della vita. La bellezza della Chiesa è quella di riconoscerci fratelli e di mettere in comunione tutti i credenti in Cristo: coloro che c’hanno preceduto nella fede, e che qui hanno pregato e continuano a pregare. Come credenti siamo pietre scelte, lavorate e impiegate per un edificio spirituale.

Vorrei parlarvi a lungo di questa affiliazione, ma il primo dovere di un pastore è spezzare la Parola di Dio ai fratelli; è il pane buono con cui il Signore ci nutre. La liturgia della II Domenica di Avvento, quest’anno coincide con l’8 dicembre, festa dell’Immacolata. I testi sono ricchissimi: abbiamo ascoltato l’inizio della Genesi e il cap. 1 di Luca. La 1° lettura, dal Libro della Genesi, è la storia di Adamo, è la storia di un tesoro perduto, di una luce smarrita. Il Vangelo è quello dell’Annunciazione. L’Angelo dice a Maria: “Rallegrati, sii lieta, gioisci.” L’Angelo che viene da Dio non dice: “fa’ questo, inginocchiati, ascolta, prega”. Semplicemente: “gioisci”. Il 1° Vangelo è una notizia di gioia. La notizia bella: “Tu sei piena di grazia, Maria”. Piena di grazia vuol dire piena della bellezza che viene dall’amore di Dio. L’amore di Dio ci rende belli. E oggi questo amore è rivolto a una donna, Maria, che la rende straordinariamente splendente di luce e di santità. Lei è piena di grazia non per i suoi meriti, ma per la sua umiltà , per la grazia, per il dono gratuito e generoso del Signore. E l’Angelo disse a Maria che le promesse di Dio diventano vere, prendono carne attraverso di lei e si realizzano. Ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio, lo Spirito la rende feconda nel nostro cuore, ce la fa concepire, ce la fa diventare Cristo in noi, ce la fa incarnare, la fa diventare la nostra vita, la vita divina in noi. “Come è possibile tutto questo?”, dice Maria. L’Angelo risponde: è opera dello Spirito; apri il cuore al dono dello Spirito del Signore. All’annuncio dell’Angelo Maria risponde con la sua obbedienza, la sua fede, la sua disponibilità, lascia che la Parola di Dio si compia in tutta la sua vita. Se il dono della grazia in Maria, è stata l’incarnazione di Gesù ; questo dono della grazia continua, dobbiamo anche noi diventare figli di Dio. Attraverso Gesù anche la nostra vita diventa una vita trasformata da figli di Dio. Ma che cosa vuol dire una vita da figli di Dio? Se la Parola del Signore, se il Vangelo entra nella nostra vita, siamo veramente figli di Dio, perché cominciamo a pensare come pensa Dio, i nostri pensieri e la nostra volontà diventano la sua. Come a Maria, oggi anche a noi arriva la Parola di Dio, ci è donato il Vangelo può diventare la nostra vita, la nostra carne. Anche a noi è dato lo Spirito, perché il Vangelo trasformi i nostri pensieri e i nostro sentimenti. Bisogna però che sappiamo dire come Maria: “Eccomi, avvenga di me secondo la sua Parole”. Il di Maria deve diventare il nostro sì al Signore. Maria avrebbe potuto dire no, sarebbe potuta restare tranquilla e continuare la sua vita di sempre. Ha detto sì, senza riserve, senza “se” e senza “ma”, non ha contato sulle sue forze. Maria, la prima amata da Dio, è anche la prima a rispondere sì alla chiamata. Ora è davanti a noi perché, nel Natale ormai vicino, possiamo imitarla, e ricevere anche noi Gesù Cristo che ci riempie il cuore di speranza e di gioia. Di fronte alla volontà di Dio non servono troppe domande, come non servono altre risposte oltre al “Sì”. Maria è Immacolata, è senza peccato perché ha creduto al disegno di Dio, che ci ha eletti, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati davanti a Lui, nell’amore come ha detto San Paolo nella seconda lettura.