Omelia dell’Arciprete nella solennità di San Cataldo, 10 maggio 2020

Solennità di san Cataldo, 10 maggio 2020

Omelia dell’Arciprete don Biagio Biancheri, solennità di san Cataldo, Domenica 10 maggio, ore 18.00.

La liturgia della Parola ci aiuta a comprendere il senso della Celebrazione Eucaristica che oggi facciamo in onore del santo patrono della nostra Città, san Cataldo e ci aiuta a capire quale è stato il significato particolare della sua testimonianza di santità e in quale prospettiva noi dobbiamo essere suoi discepoli e ripetere nella nostra vita oggi a distanza di tanti secoli dalla sua vicenda, quello che è successo a lui, ciò che egli ha fatto per essere testimone del Vangelo e di Gesù Cristo.

San Cataldo secondo la tradizione agiografica che viene tramandata riguardo a lui, fu monaco e vescovo, pellegrino e missionario. A partire da Gesù Cristo, in relazione alla sua Pasqua, tutti i discepoli debbono vivere la loro esperienza di fede come un continuo pellegrinaggio e nello stesso tempo come una permanente missione. Cataldo di Taranto ha fatto questo: venne dal nord Europa, probabilmente dall’isola d’Irlanda e attraversò l’intera Europa a seguito di alcuni movimenti monastici che dall’inizio del Medioevo scendevano nel mediterraneo invitati dal Papa per ri-evangelizzare le nostre terre sempre più scristianizzate. Cataldo, svolgendo questo servizio al cristianesimo, riaccese la scintilla del Vangelo dove si era affievolita. Egli facendo questo cammino missionario si recò pellegrino fino alla terra di Gesù dove attinse il senso fondamentale dell’essere discepoli, direttamente alla fonte del primo Vangelo per ripartire dalla Palestina e ritornare nel Nord Europa, riportando ovunque arrivava il Vangelo di Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto per la salvezza di tutti gli uomini e si fermò a predicare in Puglia e lì per la fatica del suo lungo viaggio, per gli stenti e la malattia, morì e fu sepolto e venerato subito come un gran santo. Fu un grande e credibile testimone del Vangelo di Gesù e la sua devozione arrivò fino a noi e si propagò in tutto il sud Italia, soprattutto da parte dei Normanni che erano un altro popolo sceso dal Nord Europa, i quali portarono questa devozione di san Cataldo anche in ogni angolo della Sicilia, lungo le coste, a Palermo per esempio e nell’entroterra fino alle nostre contrade di secolo in secolo. E così anche per noi è nata questa devozione fin dalla fondazione del nostro paese.

Nel Vangelo c’è la fonte, il fondamento di tutta la storia di santità di Cataldo Vescovo a Taranto. Essere missionari significa stare in movimento ed essere disposti a viaggiare aldilà della propria terra e questo è quello che è successo al santo vescovo Cataldo di Taranto.

Nella prima lettura si racconta che gli Apostoli avvertono il bisogno di dedicarsi alla predicazione del Vangelo e alla preghiera, cioè, la Parola di Dio non si dice solamente nel dialogo con gli altri uomini ma soprattutto nel dialogo con Dio stesso sottoforma di preghiera. Tuttavia questa Parola esige di rendere possibile e necessarie le opere. Gesù stesso lo ha detto nel Vangelo di oggi ai suoi discepoli «In verità, io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14, 12), se lo farete con me e come me. Il primato della Parola non esclude le opere. Qualcuno dentro la comunità ecclesiale deve pure incaricarsi di compiere le opere, di quello che è necessario fare, di porgere il servizio della carità a chi ne ha bisogno senza dimenticare nessuno ed è per questo che dentro la comunità cristiana delle origini sorge il servizio del diaconato. Vengono elette ed unte di Spirito Santo sette persone perché si prendessero cura dentro la comunità, di coloro che hanno bisogno. Le opere non possono mancare nella vita della comunità ecclesiale, sotto la forma del servizio e le opere non possono non coincidere con la Parola di Dio, altrimenti la Parola di Dio rischia di rimanere soltanto una chiacchiera e dall’altra parte le opere rischiano di diventare solo attivismo.

Cataldo nel suo pellegrinaggio, nella sua missione, ha imparato nuovi linguaggi e nuove lingue, per annunciare il Vangelo in altre terre. Ha cacciato i demoni, ha preso in mano i serpenti, cioè è stato disposto ad affrontare i pericoli e il rischio della vita. Ha affrontato i pericoli nascosti, imponeva le mani ai malati e questi guarivano prendendosi cura di loro, volgendo la sua attenzione a tutti quelli che avevano una necessità. E se questo è successo a san Cataldo, dovrà succedere anche a noi oggi, perché anche noi dobbiamo essere pellegrini almeno in termini spirituali, raggiungendo la Pasqua del Signore, sacramentalmente nell’orizzonte della fede ed entrando nella vicenda di Gesù, dobbiamo fare un pellegrinaggio nel Vangelo, ascoltarlo, meditarlo, pregarlo e viverlo quotidianamente. Questo è il pellegrinaggio che dobbiamo fare per essere santi anche noi. È un viaggio di missione che il Signore si attende da noi. Anche noi dobbiamo imparare nuovi linguaggi poichè non parlano più secondo il linguaggio cristiano. Pensiamo per esempio ai nostri giovani, a volte i nostri conoscenti, parenti e amici, che non pensano più cristianamente. Questo significa imparare nuovi linguaggi per dialogare con loro e per far sentire loro, ancora l’eco del Vangelo. Anche noi dobbiamo affrontare i serpenti perché le difficoltà non mancano oggi e qui, pensiamo alla mancanza di lavoro, ai disagi di ogni genere e bere il veleno senza rimanerne uccisi perché anche noi oggi dobbiamo affrontare tanti pericoli, come quello che stiamo vivendo, ma con la fiducia nel Signore possiamo resistere e possiamo vincere e imporre le mani ai malati e guarirli se anche noi prestiamo attenzione alle persone che soffrono e che hanno bisogno qui dove vivono, divenendo gli occhi di chi è cieco, la voce di chi è muto e aprire l’orecchio di chi è sordo nel senso che non riesce a intendere certe cose importanti del messaggio cristiano. Noi dobbiamo farci attenti a ciò che il Signore vuole per quelle persone. Così si ripete il cristianesimo lungo i secoli e l’avventura della santità lungo la storia, dagli apostoli a Cataldo di Taranto, fino a noi, oggi.

Continuiamo questa eucaristia seminando la Parola del Signore dentro di noi e facendo si che essa si trasformi in vita concreta e vissuta nella nostra giornata, in questa domenica pasquale, ma anche in tutti i giorni della nostra settimana.

san Cataldo, ti preghiamo per i giovani e le famiglie, fa che abbiano casa e lavoro e non siano privi della gioia e della speranza, sostegno nella fatica quotidiana. Esempio di monaco e vescovo, pellegrino e missionario, rendici perseveranti nella trasmissione della fede e coraggiosi nella testimonianza della carità, nel tempo e nel luogo in cui viviamo. Amen.